sabato 11 maggio 2013

La Basilicata moderna. 8. Diocesi e vescovi

Le diocesi nella provincia di Basilicata, nell'età moderna, erano undici: Anglona e Tursi, Campagna e Satriano, Lavello, Marsico, Matera e Acerenza, Melfi e Rapolla, Montepeloso, Muro Lucano, Policastro, Potenza e Tricarico. Alcune di queste diocesi esercitavano la loro giurisdizione anche su paesi appartenenti alle province limitrofe: come ad esempio quella di Policastro che comprendeva anche comuni della Campania, o quelle di Marsico, di Campagna e Satriano che si estendevano in Principato Citra. Le diocesi lucane non erano omogenee tra di loro: alcune erano molto piccole come quelle di Montepeloso, Venosa e Lavello, che comprendevano solo il centro abitato, altre, al contrario, erano estremamente ampie come quelle di Tursi, Tricarico, Matera e Acerenza. Nel caso di Acerenza vi era anche una discontinuità territoriale della diocesi, che si intersecava con paesi sottoposti alla giurisdizione vescovile di Gravina, Montepeloso e Tricarico.
A questa frammentazione territoriale delle diocesi lucane si aggiungeva anche la pessima viabilità che unita al clima, freddissimo d'inverno, soffocante e malarico d'estate, e al pericolo delle incursioni barbaresche lungo le coste, faceva si ché le sedi vescovili della Basilicata non furono mai molto ambite e la loro complessa realtà territoriale finì per limitare l'azione pastorale dei vescovi che risiedevano nelle diocesi.
Dopo il Concilio di Trento, non solo il vescovo aveva obbligo di risiedere all'interno della diocesi, ma anche una serie di compiti tra cui migliorare la preparazione del clero e il livello religioso delle masse, diffondere la dottrina cristiana, proteggere i dogmi della fede dalle pratiche magiche e da abusi di ogni genere e di difendere la giurisdizione ecclesiastica. Compito non certo facile in una realtà come quella della Basilicata dove tutto era contro, dalla difficoltà di viaggiare e dunque raggiungere la popolazione, all'arretratezza di quest'ultima e del clero.
I seminari, previsti dal Concilio per migliorare la formazione del clero, in Basilicata ne nacquero soltanto tre nella seconda metà del Cinquecento, quello di Muro Lucano nel 1565, quello di Policastro nel 1591 e quello di Melfi nel 1597, mentre altri ne sorsero nel secolo successivo. Alcuni vescovi nel frattempo misero a spese proprie scuole di grammatica. Comunque i seminari lucani non ebbero mai vita facile a causa delle difficoltà economiche in cui si trovavano le diocesi lucane, dovuto dalla tenuità delle rendite del clero, in quanto erano questi a dover provvedere al mantenimento dei seminari attraverso una specifica tassa.
Riguardo le visite pastorali, anch'esse previste dal Concilio, vi era l'intenzione da parte dei vescovi di mettere in pratica tale impegno ma purtroppo questi, nelle varie generazioni, si scontrarono con un peggioramento della situazione della popolazione lucana che ne condizionò e spesso vanificò ogni buona intenzione dei vescovi. Sull'azione pastorale influirono negativamente, non solo le difficoltà territoriali e climatiche, ma anche le condizioni demografiche, sociali ed economiche della Basilicata, rese più drammatiche dalle crisi agrarie del Seicento e l'aumento della pressione fiscale. A risentirne maggiormente di queste difficoltà erano le grandi diocesi, mentre quelle piccole riuscivano meglio ad organizzarsi con poche risorse.

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