giovedì 21 maggio 2015

Risorgimento lucano. 22. Atto costitutivo del Comitato di Corleto


Nella seduta del 21 giugno del 1860, i cittadini del comune di Corleto pronti e forti dell’amor patrio si sono riuniti per concorrere con tutti i mezzi per proclamare l’unità d’Italia libera e indipendente sotto il regime costituzionale del re Vittorio Emanuele. Inoltre dopo aver letto le direttive del comitato Centrale di Napoli e raccolto tutte le idee e i mezzi necessari per la causa della libertà, il signor Carmine Senise, il quale è incaricato a dirigere in questa provincia le file rivoluzionarie ha deliberato e stabilito quanto segue: 
Che da oggi s’intende istallato e costituito un Comitato Centrale Lucano in questo paese, alla dipendenza diretta ed immediata del Comitato Centrale di Napoli – Ordine-. Del che se n’è formato il presente e munito del suggello rispettivo è stato da noi sottoscritto oggi suddetto giorno, mese ed anno. I componenti: 
Carmine Senise – Segretario Presidente. 
Francesco Arciprete de Filippis
Biase Leone, Supplente al Giudicato Regio
Domenico de Pietro
Giovanni de Filippis
Pietro Lacava fu Matteo
Egidio Lapenta
Biase Francolino
Giuseppe de Franchi
Francesco Senise. 
Vi è suggello.
[...]
1. Promuovere e spandere le idee rivoluzionarie per scuotere il giogo Borbonico e proclamare l’unità e l’indipendenza d’Italia col Re costituzionale Vittorio Emanuele; tenere compatto ed ordinato il partito nazionale e fare che non s’insinuino elementi dissolventi. 
2. Mantenere corrispondenza diretta col Comitato Centrale di Napoli e trasmettere ad altri delle altre Provincie e Centri secondari della Basilicata tutto ciò che riguarda pubblico interesse e misure da adottarsi. Organizzare drappelli e tener d’occhio chiunque nutra diverso sentimento, facendo uso del detto «chi non è con noi è contro di noi». 
3. Raccogliere danaro, armi ed uomini ond’essere pronti al primo grido di guerra che sarà gittato nel continente Napolitano.
4. Favorire la diserzione delle truppe Borboniche e promuovere anche con mezzi pecuniarii ed all’oggetto tener preparati de’locali ove potessero essere accolti, trattati ed alimentati gli individui disertati o sbandati per fino a che non ve ne sia più di bisogno; munire infine di vestiario e di armi chi ne manca. 
5. Rivelare qualunque atto, detto o impresa adottati dal Governo Borbonico e suoi Subalterni che potesse cozzare con la unità Italiana; essere severo censore degl’impiegati ed attivarli alla causa comune.
6. Il Comitato si riunirà in sedute ordinarie quotidiane ed ove il bisogno lo esiga ve ne saranno delle straordinarie e permanenti. 
7. Il numero legale per le deliberazioni dovrà essere almeno della metà. Qualunque deliberazione che ne conta al disotto sarà nulla se non si verifica assenza, positivo impedimento o volontaria non presentata de’componenti.
8. Il locale addetto per le sedute è il Castello, ove ciascun componente ha l’obbligo recarsi ogni giorno per le sedute ordinarie alle ore 12 e senza invito, per le straordinarie poi quando sarà chiamato dal Presidente o da chi per lui. 
9. Tutti gli atti emanati da numero legale dei Componenti obbligano il resto senza scusa d’ignoranza di fatti o di atti quando non vi sia legale protesta.
10. In fine il Signor Carmine Senise qual Presidente del Comitato Lucano residente a Corleto è riconosciuto Segretario alla immediazione e diretta corrispondenza del Comitato Centrale di Napoli-Ordine.
Del che se n’è formato il presente verbale firmato e controllato. 
I componenti del Comitato: 
Carmine Senise, Segretario Presidente
Francesco De Filippis
Biase Leone
Domenico de Pietro
Biase Francolino
Egidio Lapenta
Giuseppe de Franchi
Vi è suggello.

FONTE: Verbali del Comitato Centrale di Corleto, Potenza, Nucci, 1961, p. 10.

giovedì 7 maggio 2015

Risorgimento lucano. 21. Camillo Boldoni e le operazioni militari dell'agosto 1860

Il colonnello Boldoni, appena proclamato il Governo provvisorio, riorganizzò le legioni con una parte dei più scelti degli insorti, tra i quali un ruolo di spicco ebbe Davide Mennuni, mentre gli insorti schierati a Brienza cercavano di fermare i restanti gendarmi borbonici potentini sulla via verso Napoli: infatti essi si arresero il giorno 19 nella piana di Tito ad Ulisse Caldani. 
Boldoni, intanto predisponeva le truppe in modo da affrontare le otto compagnie del sesto reggimento che da Salerno, come si era appreso, muovevano alla volta della provincia di Basilicata: egli, infatti, si dispose per la difesa nel quartiere generale a Picerno nel giorno 21, spostandosi, poi, il 22 a Vietri. A Muro la colonna, comandata da Giuseppe Domenico Lacava, aveva posto le vedette sulle Crocelle, a Valle Falcone e al Titolo, in modo da impedire il passaggio di truppe borboniche che da Salerno volessero entrare in Basilicata e di ostacolare un eventuale collegamento fra truppe regie provenienti dalle Puglie e truppe provenienti da Salerno. 
In via preventiva, Boldoni, aveva ordinato a tutti i comandanti di lasciare libera la strada da Potenza ad Auletta e di concedere una scorta al maggiore Cioffi, regio ufficiale comandante della provincia, inviato ad intavolare trattative di tregua presso il colonnello comandante nel sesto reggimento di linea.
Oltre a questi preparativi, tra il 20 ed il 21 agosto Pietro Lacava partiva per Napoli su mandato di Albini e Mignogna, per evitare, ove possibile, lo scontro con le truppe borboniche, attese in numero di mille armati. Come il Lacava stesso avrebbe ricordato:

Il Governo prodittatoriale seppe che in Auletta, sui confini della Basilicata con la provincia di Salerno, erano arrivati mille e più uomini di truppe Regie (Bavaresi) a due tappe da Potenza, ove stavano per marciare. Il colonnello Boldoni apprese la notizia, concentrò immantinente la maggior parte delle schiere degli insorti sui gioghi del Marmo, per aspettare in quella stretta le truppe Regie al passaggio. La commozione tra gli insorti, specialmente in Potenza, era grande e i pericoli di uno scontro imminenti. Giacinto Albini e Nicola Mignogna mi fecero partire per Napoli la sera del 20, portando meco gli atti del Governo provvisorio, per una missione importante sia presso Liborio Romano, per esporre la gravità della situazione e per evitare il pericolo delle truppe regie, scaglionate in Auletta e gli eccidi che ne sarebbero succeduti. Compii quella missione in Napoli la sera del 21 e la mattina del 22, e mi abboccai specialmente con Giuseppe Lazzaro, con Filippo De Blasio, e con altri membri del Comitato, invocando il loro soccorso e scongiurandoli di evitare gli eccidi che sarebbero avvenuti, e ripartii subito per Potenza […]. La sera del 22 quelle truppe furono richiamate da Auletta e concentrate a Salerno. Dopo questo richiamo, la insurrezione divampò dappertutto e si estese rapidamente, nei giorni successivi, nelle province contermini.

Il Governo, appresa la consistenza numerica degli insorti, adesso superiori, emanò, tramite Liborio Romano, l’ordine per le truppe di levare il campo ad Auletta e tornare a Salerno. In realtà, parrebbe che già poco distante da Salerno, il 20 agosto, il reggimento avesse levato «grido unanime di Viva Vittorio Emanuele, Viva Garibaldi, e giunto in Auletta rifiutò deliberatamente di marciare contro i proprii concittadini». Secondo altre fonti, tuttavia, l’importante risultato fu ottenuto grazie a una lettera indirizzata da Pasquale Ciccotti al segretario generale del Ministero delle finanze, Carlo De Cesare. Nella missiva Ciccotti chiedeva di ritirare le truppe attestate ad Auletta assicurando allo stesso tempo che l’ordine pubblico sarebbe stato ripristinato. La testimonianza dell’intervento di Ciccotti si trova proprio nella missiva di risposta di De Cesare, nella quale si comunicava che, grazie alle assicurazioni offerte relativamente al ristabilimento dell’ordine nella regione, era stato possibile dirottare le truppe regie a Salerno. 
Nella notte tra il 19 e il 20 agosto, intanto, Garibaldi era sbarcato sulla spiaggia di Milito: quindici giorni più tardi, il 2 settembre, entrò in territorio lucano, a Rotonda ed il giorno seguente attraversò in barca la costa di Maratea, da cui, presso Lagonegro, in località Fortino, raccolse gli uomini che lo avrebbero seguito fino a Napoli. Infatti il colonnello Boldoni, dal quartiere generale di Potenza, così scriveva, il 5 settembre:

Il Generale Garibaldi non poteva mostrarvi meglio il suo compiacimento per la gloriosa insurrezione da voi compiuta, di quello che lo ha fatto chiamandovi oggi a combattere insieme alle illustri sue schiere. 

Boldoni, quindi, dispose di riunire tutti gli uomini e gli armamenti a Tito, per essere divisi in compagnie ed annetterli ai battaglioni delle schiere meglio organizzate; il 6 settembre, dal quartiere generale di Vietri, ordinò che tutte le colonne, armate di fucili, fossero riorganizzate nei quattro battaglioni di Potenza, Lagonegro, Melfi e Matera, che, con il nome di «Brigata dei Cacciatori Lucani» e provvisti di Stato Maggiore, di Corpo Sanitario e di Ambulanza, dovevano far parte del corpo di esercito comandato dal Generale Cosenz9.
Da Casalnuovo, il 5 settembre, Garibaldi comunicò via telegrafo ai governatori di Reggio, di Catanzaro, di Cosenza ed ai prodittatori di Potenza, di Avellino e di Bari l’ordine del giorno «Al nome dell’Italia e Vittorio Emanuele - Il Colonnello Bertani è nominato Segretario Generale»10. Tali avvenimenti furono registrati puntualmente dallo stesso Agostino Bertani:

Il 2 settembre Garibaldi si ritrova prima a Cosenza per poi raggiungere la Basilicata. A Rotonda, infatti, dove si fermano vengono raggiunti da altri uomini che sono sbarcati a Maratea e dove il ricordo di ciò che era successo a Sapri con Carlo Pisacane era ancora vivo nel cuore e si accoglie con gioia l’arrivo di Garibaldi da parte dei volontari della legione.

Ad Auletta, il 6, Albini, Mignogna ed una Deputazione nominata in seno all’ex decurionato potentino presentarono a Garibaldi i risultati, anche economici, dell’insurrezione ed il nizzardo emise il decreto per cui «Il Signor Giacinto Albini è nominato Governatore della Provincia di Basilicata con poteri illimitati».
Dal governo prodittatoriale si passò, così, al governo dei poteri illimitati:  Giacinto Albini, ben conscio, come scrisse anche in diverse circolari, che il governo dell’emergenza era terminato, aveva eliminato le giunte insurrezionali con un decreto del 29 agosto, con il quale “pose in prestito” alla rivoluzione gli avanzi di cassa delle finanze comunali e, inoltre nominò, secondo le leggi amministrative borboniche il segretario nazionale della provincia, nella persona di Giacomo Racioppi, infine disponendo la formazione di un corpo di milizie, il «Battaglione Lucano», composto da 540 uomini, divisi in tre compagnie, ognuna delle quali di 180 armati. 

Le perle lucane. 2. Lagonegro

«Partiamo da Lauria dopo avervi passata la notte, ma ancor troppo presto per poterne discernere la posizione; abbiamo fatto ventotto miglia ...